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Mostre

300 ASA

period: APPUNTAMENTO 3/3 - DAL 5 AL 26 LUGLIO 2014where: dondolandoArte Atelier via Cadeferro,11 - Martignana di Po (CR)



SABATO 5 LUGLIO h.18:30

Inaugurazione 300ASA - terzo ed ultimo ciclo di Mostre fotografiche

INGRESSO GRATUITO


All'interno del progetto "3ASA-CONTAMINAZIONI FOTOGRAFICHE" iniziato nel mese di Maggio, DondolandoArte Atelier è lieta di invitarVi all'inaugurazione della terza ed ultima serie di mostre fotografiche.

6 straordinari progetti che resteranno esposti nelle nostre sale dal 5 al 26 luglio e visitabili dal giovedi al sabato dalle ore 17:00 alle 21:00

DARIO CAMILOTTO " Polar Express"
GIUSEPPE CARDONI "Boxing Notes"
ROSITA DELFINO "Revelations"
GIULIA EFISI " Giulia e il barattolo della banalità sopra la mensola della credenza"
CARLA IACONO " Antiwonderland"
PAOLO PAGNI " Visioni"
Maggiori informazioni su dondolandoarte.com
Per info: 335 6571243 / 0375 201339 / barbara@artestudiofoto.com

POLAR EXPRESS Da Pechino a Mosca
Dario Camilotto

Il reportage racconta una storia di ricerca, solitudine e smarrimento anche temporale.
L’apertura è soffocante, con una Grande Muraglia colta da un’angolazione claustrofobica. La successione dei fusi orari è specchio del passaggio attraverso il dolore, essenziale per giungere alla luce. La “chiave di volta” è la figura che varca la luce del sottopasso, attimo che precede la metaforica immersione nella profonda quiete del lago Baikal. Da questo momento la storia quasi impercettibilmente si modifica e lascia filtrare luce e speranza. Tutte le figure solitarie, i paesaggi, l’ombra del treno, sono specchio e ritratto dell’autore. L’alternarsi del giorno e della notte senza una precisa sequenza esalta le fasi e i passaggi di una ricerca interiore.
In rottura con gli schemi spazio-temporali, il racconto si chiude con lo stesso soggetto iniziale (allegoria di confine e paure), ripreso stavolta a “volo d’uccello”, trasmettendo un’ idea di libertà. Una chiusura ad anello, quindi, che rappresenta il cerchio di emozioni che fanno da cornice a tutta l'esistenza umana, nel continuo alternarsi di sofferenze ma anche di gioie inattese.

BOXING NOTES
Giuseppe Cardoni

“Nonna Mira, la vera appassionata di boxe in famiglia, metteva la sveglia alle tre di notte e chiamava mio padre e me (bambino) per vedere insieme i grandi incontri in diretta dal Madison Square Garden di New York. Con questa memoria, sono andato alla ricerca di quelle atmosfere e dei valori della grande Boxe degli anni Sessanta-Settanta”. Ed infatti, l’opera di Giuseppe Cardoni non è una raccolta di scatti realizzati in angoli diversi del mondo e lungo itinerari sensibili che rappresentano solo gesti atletici e momenti di competizione sportiva, ma è una descrizione coniugata a una personale interpretazione dei luoghi, degli spazi, degli ambienti che hanno delle loro specifiche caratterizzazioni. Quando mi è stato chiesto di scrivere una riflessione da pubblicare all’inizio di queste pagine, la mia mente è corsa al bellissimo corpus di immagini dell’opera BOXE (2001, Contrasto/Roma) di James A. Fox, autore, secondo molti, del più bel fotolibro mai realizzato in Italia sul pugilato. Dice il fotografo inglese: “Non voglio che si pensi che le mie siano foto da fotografo sportivo, o che mi sia occupato solo di quello che accade all’interno delle dodici corde del ring. Quel che mi affascina è l’intero universo del pugilato”. Ed è l’atteggiamento che ha ispirato Giuseppe Cardoni, fotografo umbro di grande sensibilità che in Boxing Notes costruisce un affresco di visualizzazioni emozionali, in alcuni momenti di vera e propria poesia visiva, catturate in certi particolari territori della boxe, con lo sguardo e l’attenzione rivolti agli ambienti e agli aspetti umani che li connotano. Il momento atletico e competitivo, il gesto agonistico sono sempre sullo sfondo, sfumati dal trascorrere del tempo, tra passato, presente e futuro. Nei territori del pugilato si raccontano storie di vita, di atmosfere, di lealtà, di rispetto delle regole, di riflessioni, di sensibilità e funzione sociale dello sport. Si pensi ai diversi momenti che si vivono in una palestra, ai legami dei pugili con la disciplina sportiva, a quegli ambienti singolari sui muri dei quali campeggiano la rappresentazione della forza fisica, della competizione, della drammaticità dei vissuti degli atleti, Non solo. Si rifletta sui riti della vittoria, al senso di smarrimento nel momento della sconfitta, al sapore amaro e triste che genera spesso disillusione e solitudine. Giuseppe Cardoni dà all’osservatore la chiave di lettura per interpretare Boxing Notes, un lavoro che coniuga con armonia iconica l’aspetto fotografico con quello culturale. Scatti in bianco e nero raccolti in una trama di elevato profilo linguistico-espressivo nell’ambito di un progetto ideato, strutturato e realizzato con l’intento di rendere omaggio a uno sport che va scomparendo sull’orizzonte del tempo e “archiviare” contesti d’indagine di un mondo singolare. Una ricerca controcorrente, poco contemporanea, forse, addirittura, un progetto rischioso. Ma Giuseppe Cardoni che non teme il confronto, soprattutto quello fotografico e affronta con determinazione i problemi, si mette in gioco. Vara il progetto, ne studia i dettagli e prepara la realizzazione. E prende corpo Boxing Notes. Un book di immagini con al centro gli “ambienti”, in particolare le “atmosfere” della Boxe, disciplina sportiva che da tempo per molti è memoria e ricordi. Il nostro tempo non conosce o conosce solo in parte la Boxe, a molti giovani è sconosciuta, ma la nostra storia non può non tenerne conto perché è parte di essa. Colpiscono di queste immagini le atmosfere che irradiano, la semplicità, le suggestioni percettive, le “cose” che non ci sono, quelle che non si vedono. Le presenze e le assenze. Un “lavoro” con un profilo decisamente culturale con il quale l’autore si esprime in termini di creatività artistica attraverso il linguaggio della fotografia. Una ricerca maturata anche per contribuire oltre che alla descrizione, anche alla storicizzazione di alcune pagine del nostro vissuto. Storia di storie che raccolgono e custodiscono la memoria di momenti intensi, sentiti, semplici e spontanei, in linea con l’Italia di quegli anni e offre al lettore un punto di riferimento per chi si avvicina e intende leggere le fotografie. Leggere nel senso di interpretare, penetrare nei significati, quelli visibili e quelli invisibili, carpirne i contenuti, che da una parte segmentano il territorio d’indagine nel quale si è mosso l’autore e dall’altra danno visibilità ad una serie di sensazioni e di percezioni che connotano certi particolari contesti. Forse, senza averne la consapevolezza, ha tracciato un percorso da esperto sociologo visuale.

REVELATIONS
Rosita Delfino

Inizio ad avvicinarmi alla fotografia nel 2009 e dal quel momento rimango coinvolta emozionalmente dal potere comunicativo delle immagini. La fotografia, un mondo dove le immagini sublimano le parole e diventano uno strumento espressivo, capace di mutare la realtà oggettiva che, filtrata attraverso i nostri occhi,diventa un'esteriorizzazione di un universo interiore.
Un'interminabile dialogo tra l'apparire e l'essere, un viaggio affascinante nell'universo femminile dove il corpo perde una collocazione spazio-temporale e lascia spazio a visioni oniriche.
Amo citare una frase di Francesca Woodman:"Ti ecciterai osservando un'immagine ma non saprai mai cosa vi è dietro".

GIULIA E IL BARATTOLO DELLA BANALITA’ SOPRA LA MENSOLA DELLA CREDENZA
Giulia Efisi

La fotografia, come ogni arte visiva, si definisce per l’immagine. Per ciò che essa rappresenta o evoca oppure nasconde, dietro o dentro di sé. Le fotografie di Giulia Efisi ricordano l’approccio artistico dei pittori alla ricerca della luce. Non solo perché l’idea veniva dopo il concreto atto del guardare – direttamente attraverso l’occhio o in maniera mediata, più timida e protetta, forse, attraverso un oggetto meccanico come una fotocamera – ma perché senza la luce l’esperimento del come ogni cosa possa oltrepassare i contorni e diventare rappresentazione – sulla carta o sulla tela, sui muri ma addirittura in un processo di istallazione – perde senso ed esistenza. Nelle foto di Giulia Efisi esiste il corpo, in tutta la sua drammatica bellezza: e il dramma esiste non perché esiste la storia che lo ha lacerato o offeso – è un corpo bello, dalle linee sinuose e provoca poche ombre scure; è inserito spesso in un contesto apparentemente sicuro e non oltraggiato, come può esserlo una camera da letto – ma la tragedia cresce in maniera graduale, come in un evento: teatrale, quasi. Ci sono le trasparenze in alcune fotografie – nel senso che l’immagine sfuma in un’incertezza di esistenza: il sé è dato oppure no? L’io vive un’affermazione sicura? All’interno di tale incertezza, che sembra essere la base di ogni sviluppo compositivo, il concetto di felicità è lontano: così lontano che la sovraesposizione luminosa – il troppo chiaro di alcune parti delle fotografie –segna un effetto fortemente destabilizzante. Senza contorni non c’è solo tristezza ma il principio stesso della disperazione. In quel corpo nudo, bello, che vorremmo definire puro ma che invece si impone come sopravvissuto, siamo portati ad andarne al di là, a oltrepassarlo: ma neppure la finestra e gli oggetti più scuri che ci conducono, attraverso le linee di fuga verso la fonte della luce – una delle fonti – ci fornisce soluzioni per la crisi. Perciò non ci resta che ripercorrere con lo sguardo attento della mente, di nuovo in maniera circolare, tutte le fotografie. Ritroviamo una storia intera; poi un capitolo. Poi anche soltanto un giorno. Ritroviamo che Giulia Efisi ci concede l’esistenza di tutto ciò che fa della vita umana, sia naturale sia culturale, una peculiarità: c’è il seno, che può allattare, il corpo che può prendere piacere, la casa e molti oggetti che si possono comprare. C’è il movimento e ancora e ancora. Ma lei si chiede, probabilmente, e ce lo espone, il fine di tanti elenchi. Disperando che sia almeno la meraviglia e la sorpresa.
Lucilla Noviello

ANTIWONDERLAND
Carla Iacono

Nella serie fotografica Antiwonderland Carla Iacono scava nel subconscio e nella memoria, ritrova personaggi e luoghi cari al proprio immaginario e li usa per abbozzare storie che ci raccontano un universo femminile forte e variegato.
Le protagoniste sono "presenze" femminili esplicitamente tratte o suggerite dal mondo dell'arte e della letteratura, come Ofelia, la casa di Monet, le bambine di Balthus, la Donna Corvo, la natura suggestiva delle fiabe gotiche.
La potenza evocativa della figura femminile . cos. celebrata attraverso immagini dal sapore fiabesco in cui il subconscio svela paure e desideri, abbandonandosi a una creativit. libera e giocosa.
In "The Two Ophelias" Ofelia (e il suo doppio) vince la morte diventando simbolo della potenza femminile nell'immaginario. Come la definisce Mallarm.: "una Ofelia mai annegata… gioiello intatto nel disastro". Ispirate alle storie di iniziazione e alle atmosfere dei quadri di Balthus,e bambole-bambine di "Balthus Chambre" rappresentano la donna come origine e trasformazione. Esse sovrastano con eleganza e mistero i canoni e i limiti imposti dalle regole poich. esternano desideri e suggestioni dell'inconscio e del mondo onirico.
In "The ravens race" la Morrigan - Donna corvo - Grande Regina rappresenta la potenza degli esseri metamorfici e del mito. Mentre in "The Kiss" il personaggio del Principe-Rospo . sostituito da un'anticonvenzionale Principessa Rana.
Nelle immagini di Antiwonderland spesso un personaggio "sconfina" nel territorio di un altro, in una sorta di contaminazione che segue il filo assolutamente non lineare dell'inconscio, mentre le storie "suggerite" si svelano agli occhi degli spettatori in una sequenza di "associazioni" che ricordano la scrittura automatica dei surrealisti. E cosi in "Dorothy in iceland" la protagonista del mago di Oz approda in una terra di ghiaccio popolata di animali "umanizzati" che sembrano usciti da una fiaba di Esopo, strizza l'occhio a Shakespeare fino all'imagine finale dove il corvo suggerisce un finale noir. Mentre su tutto aleggia lo spirito di Lewis Carroll.

VISIONI
Paolo Pagni
"Visioni" è una serie di immagini scattate ed elaborate con l'iPhone durante un viaggio nella Cina sud-occidentale seguendo l'impulso del momento e l'attrazione suscitata da figure, forme, ambienti, nei ritagli di tempo di una attività fotografica di reportage tradizionale. Non c'è un filo conduttore se non quello delle sensazioni improvvise, eterogenee e spesso banali o scontate, come possono essere quelle del turista non-fotografo. Nella decisione di farne un lavoro c'è la volontà di sottolineare che la fotografia è essenzialmente linguaggio espressivo, che più spesso racconta o commenta compiutamente, ma che a volte può parlare anche solo per monosillabi o parole staccate: anche in questo modo essa è in grado di veicolare un messaggio, non già di tipo documentario ma essenzialmente di atmosfera.
Paolo Pagni 2014








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